La vivacità linguistica della pittura di Tommaso Buglioni

Armando Ginesi

TEMPERAMENTO – Incominciamo dall’uso temperamento. Irrequieto, vivace, versatile, loquace. Il suo modo di porgersi è un misto di timidezza e sfrontatezza: due atteggiamenti contrastanti, dicotomici che, però, in lui si compendiano. Contraddizione palese. Doppiezza, ambiguità (ma, attenzione, nel senso positivo di doppio valore e oscillazione dell’uno verso l’altro e viceversa), che sono le condizioni indispensabili dell’arte la quale, anche quando appare “chiara” è evidente, in realtà vela mille e mille verità oltre a quella apparente. Così è Tommaso Buglioni che, quando parla, ti inonda di parole come un fiume in piena, perchè dentro di se sente premere un universo di cose che spingono, si affollano, si sovrappongono, per la gran voglia che hanno di trasformarsi in parole. Oppure in segni. Oppure in forme. Oppure in colori. Per questo è nato Tommaso Buglioni pittore.

ORIGINI – Il fumetto, quello delle “strip” americane gli ha fatto da maestro. Nella realtà irreale, fantasiosa, ai limiti del naturale oppure oltre tali limiti, che è propria del fumetto, Buglioni riceve gli stimoli a viaggiare con la fantasia, imboccando le autostrade dell’immaginario che sono larghe, tanto larghe e lunghe, tanto lunghe. Il suo pensiero le percorre verso una destinazione ignota, senza programmi e senza mete prefissate: tanto da qualche parte andranno a finire. E poi se sarà il caso, egli le ripercorrerà tornando indietro, ma non per ricercare le emozioni di un ritorno all’origine, di un A’Rebours in direzione del punto di partenza. Lo farà soltanto per camminare, anzi per correre, perchè sulle autostrade si corre e per questo piaccino al pensiero veloce e guizzo di Buglioni.

Dal fumetto, che è generalmente caratterizzato dall’azione che si sviluppa, egli isola dettagli, come i volti, per esempio, e così da il via allo snodarsi d’una galleria di ritratti: volti pop inscritti in ovali. Belli con le loro anatomie inreali, con gli occhi più grandi delle orbite (uno di essi, preferibilmente quello sinistro, è più grande dell’altro e tende a scappar via dal perimetro del viso, qualche volta imitato dalla bocca). Il colore è steso a campitura piatta, con un à-plat che è prossimo alla sensibilità cromatica della pop-art americana. Perchè è il mondo della comunicazione di massa d’una civiltà giovane come quella USA che ammalia Buglioni: il mondo della pubblicità visiva, della pop-art che ne deriva, dell’underground, del graffitismo.

DOPO – La sua ricerca è come il suo temperamento: irrequieta, spasmodica, veloce. All’interno dell’ipotesi graffitistica bilica tra il lirismo “buonista” e ottimista, quasi giocoso, di Keith Haring e la prosa cruda, intrisa di rabbia Jaen Michel Basquiat. Al di fuori di questo stile diventa addiritura corsara: attraversa gli stili, le correnti, i movimenti, le singole poetiche degli autori, così come i corsari attraversano cvelocemente i mari nelle loro “guerre di corsa”. Allora l’action-painting (soprattuto di Franz Kline), il segnico gestuale, oppure il Nouveau Réalisme monocromatico di Yves Klein, di nuovo la pop-art e quant’altro, lo suggestionano irrobustendo il suo dinamismo espressivo.

L’astrazione sembra soddisfare il suo bisogno di essenzialità che talvolta afiora nel suo spirito, quasi come una ricerca dell’assoluto. E’ nell’anno 2000 che prende corpo esigenza. Sicche la produzione di quel periodo, aniconica, oscilla tra le suggesitoni del Kandinski della primissima astrazione (quello del famoso acquarello del 1910, per intenderci), quelle meno praticate , d’un certo costruttivismo (o suprematismo?), quelle del già citato Kline e quelle della poesia visiva. La pasta cromatica dei fondi di fa costruzoine di un’idea sopra la quale si depositano segni veloci, figli d’una gestualità immediata, un discorso che si tende fino all’astrazione. Il quale, qualche volta, riesce a raggiungere esiti di razionalità rigorosa, tradotta in geometria composta, come nel caso del dipinto…. nel quale il pensiero sembra farsi meno accidentale, meno diretto e scattante, per diventare più architettonico.

OGGI – Attualmente egli ricerca elaborando foto digitali. Fotografia e pittura si intersecano in una contaminazione linguistica che rivela non pochi motivi di interesse e nella quale permangono le tracce evidenti delle precedenti esperienze espressive.

DOMANI – Soltanto Dio può conoscere quale sarà l’evolversi dell’indagine visuale di Tommaso Buglioni. Certo è che non è dato di prevedere, allo stato attuale delle cose, uno sbocco non diciamo conclusivo (perchè non si può pensare a punti fermi prossimi a una personalità giovane) ma neppure inteso come sosta più o meno prolungata all’interno di un sistema lessicale. Perchè un temperamento come il suo, con una carica di vitalità prorompente, di magma vulcanico in perenne ebollizione, con conseguente sviluppo di una curiosità indomita nei confronti degli ifiniti aspetti sia della realtà apparente che di quella celata, non può certamente neppure immaginarsi dei punti di approdo. La sua ansia di sperimentatore e di ricercatore in ogni ambito del possibile gli è da stimolo per imboccare ancora tante vie di fuga. Ma con una peculiarità, ormai, che è importante e che dà qualità al suo racconto per immagini, ovverosia una cifra espressiva facilmente riconoscibile in quanto originale e propria. Il che vuol dire che pur nomadico e un pò corsaro, il pittore Tomaso Buglioni ha creato un suo inconfondibile stile. Perciò ha pieno diritto di cittadinanza nello speciale ed esaltante territorio della creatività artistica del nostro tempo.